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In posa con le vele: Preside e funzione obiettivo del Gramsci

In posa con le vele: Preside e funzione obiettivo del Gramsci

Costruiamo l’Italia..

Costruiamo l’Italia..

Carmillo al Gramsci di Ivrea

Carmillo al Gramsci di Ivrea

Le vele di Biennale al Gramsci di Ivrea!

Le vele di Biennale al Gramsci di Ivrea!

Il Carmillo all’Itis Olivetti di Ivrea

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Il Carmillo è passato anche dall’Iti Olivetti di Ivrea e gli studenti si sono subito cimentati nel costruire la loro Italia

Finalmente anche noi, V Grafici A dell’I.I.S, Bodoni – Paravia

Finalmente anche noi, V Grafici A dell’I.I.S, Bodoni – Paravia

Finalmente anche noi, V Grafici A dell’I.I.S, Bodoni – Paravia entriamo in campo e presentiamo alcuni momenti della nostra discussione (un po’ in ordine sparso).

 

“Per cambiare il mondo , bisogna esserci”(Tina Anselmi). Sì! Per cambiarlo non bisogna fuggire o fare finta di nulla. Per la democrazia bisogna esserci.

Per arrivare a quest’obbiettivo, tutti abbiamo bisogno di fiducia; senza questo elemento, la democrazia non può essere vissuta.

“Il Paese potrebbe ancora andare allo sbando”; questo potrebbe essere provocato dal nostro disinteresse, e cosa più grave, potremmo andare incontro a cose di gran lunga peggiori di quelle del passato.

Non bisogna cadere nella cosiddetta “zona grigia”, occorre schierarsi.

 

Un’altra dittatura non deve più tornare ma chi non ne fosse ancora convinto, si legga un libro sul passato, un passato prossimo al presente ; si tratta di fatti successi neanche un secolo fa. La storia  racconta l’ orrore di un genocidio avvenuto per due motivi principali: il disinteresse del popolo di fronte all’ abolizione della democrazia , e la confusione, generata nelle menti di allora,  che le mise in condizione di non sapere più scegliere. Scivolarono nella dittatura; si trattò di un evento che ad alcuni portò pochi cambiamenti di  vita , ma che segnò la fine di migliaia , anzi milioni di persone .

Fa paura pensare alla frase di Primo Levi: “è avvenuto, quindi può accadere di nuovo”. Anche se molti rifiutano questa interpretazione, la realtà dimostra che il clima di alcune democrazie attuali non è tanto diverso da quello di allora. Crisi economica, disordini, malcontento, confusione sono tutti fattori che contribuiscono a soffocare la democrazia. Per impedire che ciò avvenga bisogna, così come sostiene anche Tina Anselmi, esserci. Senza partecipazone non c’è democrazia: la mancanza di una presa di posizione, quando  non si è d’accordo con i governanti, fa sì che la popolazione rappresentata in parlamento sia sempre più ridotta. Questo contribuisce a concentrare il potere nelle mani di pochi, che sicuramente non avranno più interesse a tutelare tutti, ma perseguiranno solo i propri obiettivi, ignorando la zona grigia che piano piano si ritroverà incapace di reagire alle ingiustizie della società. Questa zona grigia, anche se indirettamente, è colpevole quanto i responsabili diretti.

Allora l’idea venne a un pazzo, ma quanto avvenuto fu possibilie perché allora molti preferitrono lavarsi le mani e anzi proteggere, in alcune situazioni, quel sistema per comodità o egoismo. Come dice Piero Calamandrei la Costituzione è solo un oggetto inanimato se ad animarlo non è lo spirito, la voglia e l’impegno di ogni cittadino. Ognuno è responsabile di ciò che avverrà in futuro, anche perché: “è avvenuto, quindi può accadere di nuovo.” L’unione fa la forza e la collettività e la fiducia salvano la democrazia. Bisogna fare del passato la forza che ci spinge, nel presente, a sognare un futuro migliore: per questo bisogna essere vigilanti e attivi nella società.

 

Non bisogna vivere all’interno di una bolla e ignorare ciò che ci capita intorno; dobbiamo partecipare alla vita del mondo, della nazione, regione o città.

 

La democrazia è perciò una Scelta, una possibilità, una speranza, che ognuno può utilizzare al fine di far valere le proprie idee.

Questa scelta dovrebbe toccare tutti gli individui, di ogni razza, religione, età, sesso o colore. Tutto questo dovrebbe servire a creare un’umanità piena di idee, sensazioni, culture e caratteri diversi che, tutti insieme, rendano il pianeta perfetto nella sua diversità.

 

Riflettiamo anche sulla frase di Berlinguer, i giovani, volendo, possono cambiare le cose, provare a lottare. I giovani possono e devono  organizzarsi, impadronirsi di ogni ramo del sapere e unirsi con i lavoratori e gli oppressi, non c’è una potenza maggiore, essi potrebbero distruggere in poco tempo questo muro che li blocca. Ma c’è un ‘’se’’ perché ci vuole molta forza di volontà per fare tutto ciò

 

Perchè si parla di un’Italia democratica, quando spesso la volontà del popolo, che dovrebbe essere fondamentale, non conta?

Questo probabilmente accade per smania di potere e avidità di qualcuno che ritiene di avere il diritto di imporsi e di imporre i propri interessi.

L’unica salvezza contro tutto ciò è proprio quello che stanno cercando di portarci via, ovvero l’istituzione.

Tutto parte dai libri e dalla scuola. Bisogna eliminare definitivamente l’ignoranza umana, perché è proprio questa che porta a non conoscere e a non avere reazioni. E’ proprio grazie al sapere che i giovani acquisiscono la capacità di agire , di decidere per il bene o per il male, di scegliere liberamente, secondo la propria ragione, sviluppando i propri pensieri e le proprie idee senza farsi manipolare o condizionare.

 

Come diceva John Kennedy, fin quando un solo cittadino si sentirà inutile, quel Paese non avrà mai la democrazia. Bisogna che la democrazia mobiliti tutti. In Italia bisogna  farlo attraverso gli strumenti della democrazia.

Tutte le dittature si caratterizzano per il disprezzo nei confronti dell’uomo, la democrazia deve essere costruita, al contrario, sulla fiducia degli uomini.

Come diceva Norberto Bobbio: “ Non è che basta un saggio, che basta un sapiente, che basta un giusto. Bisogna che questi uomini insieme si battano perché ci sia un Paese giusto, più trasparente, più rispondente al bisogno che la gente ha di avere giustizia, di avere libertà, di avere pace.”

Molta gente non vuole ricordare. E invece è proprio questo il primo atto che dobbiamo fare. Se non ricordiamo, rinnoveremo i delitti che sono stati compiuti.

La partecipazione deve partire dalla capacità, smarrita, di guardare lontano, dalla capacità, a volte rischiosa ma mai come ora necessaria, di non farsi travolgere dalla quotidianità rifugiandosi solo nel presente, dalla capacità di non ridurre la politica ad un insieme di ricette per risolvere i problemi di oggi. Non possiamo accontentarci di una politica che rinuncia a costruire il futuro, come se fosse affidato solo ai meccanismi  del mercato, della finanza, dell’economia o comunque e sempre a qualcosa di troppo grande per il  nostro impegno.

 

Se non si è d’accordo su una legge che viene emanata e si “Vuole cambiare il mondo” bisogna avere il coraggio di manifestare il proprio pensiero.

Bisogna iniziare dalle piccole cose e per farlo bisogna cercare di essere il più uniti possibile e non pensare solo in prima persona.

La nostra Costituzione ci dice appunto che la sovranità appartiene al popolo, il popolo siamo noi e dobbiamo essere in grado di cambiare o almeno provare a difendere i nostri diritti; più siamo uniti, più ci confrontiamo, meglio è per la nostra società ma soprattutto per noi.

 

Concluse le votazioni, si contano i voti, chi ottiene la maggioranza sale all’ambito trono. E qui entra in gioco lo spirito democratico. Questa maggioranza deve portare avanti il Paese, ne decide le leggi, la gestione internazionale, delle forze armate, sempre, logicamente, tenendo conto di quell’altra parte della popolazione che non l’ha votata, chiamiamola minoranza.

Allora si cerca un compromesso con i rappresentanti di questa minoranza e, una volta trovato, si arriva alla decisione finale cercando di rispettare le esigenze e la sensibilità di ogni individuo.

Ma se non si tenesse conto della minoranza? Se la possibilità di far sentire la propria voce, per la minoranza, fosse difficile? O non potesse essere ascoltata da tutti? E se la comunicazione tra gli esseri umani si interrompesse?

La risposta è logica, non sarebbe più Democrazia (con la D maiuscola), il popolo continuerebbe a credere d’essere ancora sovrano, anche se in realtà le decisioni verrebbero prese senza il suo consenso, sarebbe una  democrazia molto imperfetta.

Sarebbe meglio o peggio di una dittatura?

Sempre Pertini afferma che “alla più perfetta delle dittature preferirà sempre la più imperfetta democrazia.” Dice che le democrazie possono apparire disordinate, mentre le dittature sembrano ordinate “, aggiungendo però, che “questo è l’ordine delle galere e il silenzio dei cimiteri”. Quindi meglio la democrazia ,anche se ridotta, limitata.

Ma questa non può portare all’affermazione della dittatura? In un paese dove la precarietà è all’ordine del giorno, dove vi è una sofferenza economica generale, dove la voglia di partecipazione alla vita politica è molto ridotta, l’affermarsi di un leader carismatico e astuto non sembra un’idea così lontana. Questi potrà trovare il capro espiatorio contro il quale “far sfogare”  il popolo, capro espiatorio che può essere l’ebreo, lo zingaro, il”comunista” o l’immigrato. Non si deve arrivare a questo. Esiste la Costituzione. Essa difende i nostri diritti, nessun governo potrà mai vietarci di aprire un negozio solamente perché siamo di un’altra religione, razza, cultura, sesso.Nessun capo di governo può essere al di sopra della legge, nessuno può commettere reati e restare impunito, lo dice la Costituzione.

Ma la Costituzione, come dice Calamandrei è un libro, noi dobbiamo difenderla, noi dobbiamo animarla, noi le diamo il combustibile per farla funzionare.

 

Pochi di noi sanno cos’è la democrazia., l’essenza stessa è andata un po’ persa., siamo abituati a ragionare a compromessi, ad accontentarci, a non alzarci in piedi per chiedere ciò che ci è dovuto. Quella  che ormai noi viviamo – e abbiamo la pretesa di voler insegnare ad altri popoli anche con la forza – non è più una democrazia, rischia di trasformarsi in una dittatura mascherata in cui i più ricchi hanno il potere e i più poveri vengono resi ignoranti e ciechi al mondo esterno, per essere fregati ed abbindolati.

 

Democrazia vuol dire potere al popolo cioè qualunque decisione deve corrispondere alla volontà dei cittadini

Negli anni 80 si votò per decidere se volere o no delle centrali nucleari in Italia e vinse il no. Anno 2010, guardando il telegiornale si sente:” Silvio Berlusconi ha firmato l’accordo con la Francia per la costruzione di sei centrali nucleari in Italia”

I referendum sono scaduti? Non siamo noi a dover decidere?

Noi dobbiamo lottare manifestando uniti per non tornare in una dittatura e per difendere una democrazia sempre più fantasma.

 

Per cambiare il mondo bisogna partecipare in modo attivo e soprattutto avere fiducia negli uomini. Ma è così semplice fidarsi delle persone ed in particolare si quelli che dovrebbero rappresentarci? La risposta  NO pare troppo scontata ma allo stesso tempo incompleta, soprattutto in una società in cui  il disinteressarsi ed il criticare senza sapere sono atteggiamenti comodi e diffusi. Risulta difficile avere fiducia nei politici, tutto quanto sta avvenendo ci allontana dall’aver fiducia in loro. Sta a noi giovani però conquistare il sapere e la coscienza delle cose, per creare un futuro migliore.

A differenza di questi “truffatori”, ci sono cittadini che credono attivamente in questa parità di diritti, dimostrandolo con il lavoro onesto. Dobbiamo credere in una realtà di vita basata su scelte collettive.

La partecipazione e l’informazione tengono vivo il paese, in una realtà, dove chi governa, lo deve fare per “servire” il popolo non per scopi propri.

 

Che cos’è la Democrazia?

La risposta è dentro di noi, la democrazia è dentro ciascuno di noi, è quell’istinto che nasce dentro ogni uomo, che lo spinge ad unirsi ad altri per migliorarsi e migliorare il proprio paese.

 



Primo laboratorio nella 3B meccanici del Plana

Primo laboratorio nella 3B meccanici del Plana

Nell’istituto superiore G. Plana, il percorso di Biennale Democrazia prende avvio da una classe, la III° mec, che è una fedele istantanea della società complessa, dinamica, attiva e reattiva, figlia dei processi di trasformazione vigenti anche al fuori delle mura della scuola. Una classe marcatamente multietnica, ove la varietà diventa il pilastro fondante dello stare insieme. Non è facile, non è privo di confronti accesi, non è privo di scontri tra punti di vista a volte differenti: i ragazzi sono vulcanici, veraci, limpidi e svegli: una freschezza che non manca di presentare il conto di tutte le contraddizioni che campeggiano nel contesto nazionale. Una piccola introduzione che dà ragione e rilevanza all’attività svolta: importante ed assolutamente non scontato parlare di democrazia in un micro-cosmo così rappresentativo.

2011. Una rassegna dei primi pensieri connessi alla data è il cappello del laboratorio, la domanda generatrice, l’incipit con cui scegliamo di aprire le danze. L’immaginario emerso definisce la cornice entro qui spaziare, i riferimenti comuni a cui appellarci nel ragionamento. Egitto, Grecia, Portogallo, Tunisia, le crisi politiche ed economiche nei contesti internazionali e i 150 anni dell’Unità d’Italia: fin da subito emerge un quadro complesso, composto di notizie, commenti e memorie, fatti ed eventi che occupano le prime pagine di giornali e telegiornali.

In un contesto così multiforme e critico, parlare di democrazia come scelta politica voluta e ponderata è la degna conclusione di ragionamento sul percorso storico-politico che ci ha portato nel 2011 a celebrare il 150esimo dell’Unità. Appellandosi alla memoria, i ragazzi snocciolano fatti più importanti, i personaggi che ne hanno segnato la storia ne periodo tra il 1861 e il 2011, il tutto in un clima sereno, di confronto e commento libero. Cavour, Garibaldi, il 1861, i regni, inizialmente divisi, poi successivamente riuniti nel regno d’Italia sotto la regia potestà di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia; ed ancora, i vantaggi e gli svantaggi connessi all’unione sotto un’unica bandiera, un’unica lingua; il novecento con il fascismo, il 2 giugno del 1946 e la nascita della repubblica; il 1960 gli anni delle contestazioni, il 1970, gli anni di piombo.

Gran parte dell’incontro si è poi focalizzato sulla discussione in merito alle forme di governo, alle garanzie e vantaggi forniti da una forma democratica piuttosto che una forma più accentrata, oligarchica o monarchica. Abbiamo proposto ai ragazzi di figurarsi un modello di governo dittatoriale in cui venissero garantiti alcuni bisogni primari di una società complessa: il lavoro ed una vita serena. Abbiamo chiesto loro di dirci chi acconsentiva, chi si piegava ad una forma di governo dittatoriale nell’accezione di “dittatura buona”, dittatura che consente una vita dignitosa: cosa ci muove o ci fa muovere? Cosa ci garantisce maggiormente: i diritti o una vita moderatamente agiata? A questa provocazione la classe si è spaccata. Per alcuni, un numero inizialmente nutrito, poi via via ridottosi, i bisogni materiali garantiti bastavano ad una vita serena, bastavano a togliere scrupoli e problemi; per contro altri si sentivano minacciati dalle possibili quanto inevitabili conseguenze di lungo periodo di un governo dittatoriale sul piano fondamentale dei diritti. L’impossibilità di esprimere i propri pareri, il dissenso, l’impossibilità di votare contro sono rischi troppo grandi per questa seconda metà.

Il secondo stimolo che abbiamo lanciato riguardava le garanzie di una forma democratica, parlamentare. Il voto, la rappresentanza, la sovranità popolare, quelle emerse. Una constatazione del genere viene immediatamente messa alla prova da una pungente provocazione “siamo un paese di capre, tutti seguono la massa”. Di fronte a questa palese mancanza di strumenti e giudizio critico, vi sono ancora le condizioni per parlare di garantismo, per evocare a gran voce i vantaggi di cui sopra o crolla tutto?

Un punto fondamentale su cui si è concentrato il laboratorio è il bivio rappresentato dalla scelta tra soldi e diritti: lo stabilire una priorità tra i due ha generato non pochi confronti. I soldi possono mettere a tacere ingiustizie? Le agiatezze consentono di mettere da parte lo stato di diritto, consentono di sdoganare l’individualismo, l’indifferenza ormai dilaganti o permangono ancora le briciole di quel senso di stato, forte e condiviso negli anni ’60, anni definiti dai ragazzi “altri tempi, tempi in cui ancora si credeva di poter incidere”? Uno stato di diritto che prescinde dalla visione gerarchica della società, uno stato di diritto che riscopre il principio più democratico “un uomo un voto” o uno stato assente, ove i benefici, i superenalotto, i soldi la fanno da padrone e ne stabiliscono le sorti, inevitabilmente individualistiche, degli individui?

Spunti interessanti che non possono che mettere alla prova la discussione, dimostrando ancora una volta che la freschezza sopra accennata può ancora buttare in faccia le contraddizioni del nostro tempo. Una vena di pessimismo mista a sprazzi di slancio e fiducia caratterizzano gli ultimi minuti del laboratorio in III° mec, l’interrogativo e il periodo di crisi contingente rendono difficile risposte totalmente convinte. Una buona prima ora, in questo micro-cosmo così rappresentativo!

 

Primo incontro nella 4Bod del Plana

Primo incontro nella 4Bod del Plana

LABORATORIO 4’BOD @ PLANA – BIENNALE DEMOCRAZIA

by Ovidiu

Inizia il percorso della Biennale nella 4a B odontoiatrici, all’Istituto professionale ‘G. Plana’ di Torino. Abbiamo capito che otre alla ‘fine del mondo’ nel 2011, ad aprile si compiranno i 150 dell’Unità d’Italia.

Riperrcorrendo rapidamente la storia del nostro Paese fino ai giorni d’oggi, iniziamo a parlare di Democrazia e Biennale Democrazia… .

Cos’è la Democrazia oggi?

‘Democrazia è potere al popolo, ripercorrendo l’etimografia della parola.’ (Elena). Ma anche voto e rappresentanza (Simone), oltre all’ugualianza e la libertà di parola, di stampa e di pensiero, di movimento (Samuel e Fabrizio). Si fonda su un patto civile che permette la convivenza pacifica, che prende il nome di Costituzione (Giulia) – fondata su dialogo e confronto.

Ma quando tutto questo è inutile (Simone) come ci si comporta? Ma siamo vicini a una guerra civile anche in Italia? Ma noi giovani, siamo veramente interessati a tutto questo fin quando abbiamo qualcuno(genitori) che ci mantiene, che ci assicuri il vivere?

Domanda: in una dittatura che ti da il lavoro e quindi il vivere, ma ti toglie i diritti da cittadino, dov’è la libertà?

Se mi posso permettere una Ferrari e vivo bene, chi se ne importa della liberta (Simone). La liberta è decidere la propria vita, e finisce dove inizia quella dell’altro (Elena).

Ma cosa sta veramente dietro alla Democrazia. Perchè le dittature tendono sempre ad essere indesiderate? Autodeterminazione e partecipazione…Ecco le risposte che ai giorni nostri, a Scuola, sul lavoro dobbiamo pensare.

Raggioniamo sul fatto che prendere in mano la propria vita è forse il fattore piu importante di una vita umana, e il desiderio assoluto di ogni persona. Partecipare, tenendo contro che sempre l’unione fa la forza, alla vita attiva di ogni giorno è, inoltre, un elemento indispensabile per l’affermazione personale o collettiva.

Ed è solo con il voto che in democrazia si partecipa?

Manifestazioni, Scioperi, Partiti, Associazioni, Partiti (contenitori di idee e pensieri). Ma bisogna saperlo fare (Luca). Bisogna imparare a partecipare?

Imparare con la fatica. Certo, sarebbe molto piu facile ‘scappare’, dirigersi verso altre Democrazie che a prima vista funzionano meglio dell’Italia, ma fermarsi…pensando anche a chi non puo andare, a chi non vuole andare…fermarsi e rimboccarsi le mani per coscientizzare la situazione presente e il futuro che, da giovani, ci aspetta. Bisogna percorrere il tunnel, e alla vista della luce, sapremo che sara finito.

Infine, dopo momenti di dibattiti, anche accesi, tra i ragazzi e condivisione intensa distribuiamo un foglio con alcune citazioni sulla Democrazia/Costituzione: “Leggete e scegliete quello che più vi rappresenta.”

Diego:

Fiducia e bisogno dell’altro per poter migliorarsi. In più, l’esserci: ‘la contrapposizione del ‘me ne frego’ fascista al ‘I care’ americano’ perchè il problema dell’altro è il problema mio…in democrazia.

Riflettiamo…

Giordano Bruno: la 4 AL inaugura la serie di laboratori sull’Italia

Giordano Bruno: la 4 AL inaugura la serie di laboratori sull’Italia

La serie di laboratori sull’Italia al Giordano Bruno si apre con le ragazze e i ragazzi (anche se in netta minoranza) della  4 AL.

Il metodo scelto dagl’animatori del progetto scu.ter. e quello di partite da un video che parli di idee di Italia. A seguire una discussione sul video che mette in luce aspetti positivi e negativi del nostro paese. Diversi i problemi emersi tra cui:

 

– la mancanza di partecipazione,

– l’’inaffidabilità della classe politica,

– la televisione italiana,

– il fatto di non sentirsi italiani.

 

È stato molto ampio il raggio della discussione, aiutati anche dal prof Gollusci che ha portato la sua esperienza di insegnante “immigrato” calabrese.

Giordano Bruno: ecco il prototipo di italiano dell 4 AL

Giordano Bruno: ecco il prototipo di italiano dell 4 AL

Il laboratorio prosegue in 4 AL e si ragiona ora in chiave positiva. Le ragazze hanno da prima proposto le loro idee di Italia e di come questa dovrebbe essere. Hanno poi attaccato su un cartellone dei post-it rispondendo alla domanda: cosa vuol dire essere italiani nel 2011?.

Ma il laboratorio non si chiude qua. Costruito il loro ideale di italiano la 4 AL si trova ora a scegliere se andare via o restare qua. Le letture della lettera “Figlio mio, lascia questo paese” di Pier Luigi Celli e la relativa risposta di Benedetta Tobagi sono servite per lanciare qualche spunto di riflessione per il prossimo appuntamento.

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  • Diego racconta di Biennale Democrazia al Peano
  • Carmillo a Borgosesia
  • Giordano Bruno: ecco il prototipo di italiano dell 4 AL
  • si ricostruisce l’Italia
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