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Primo laboratorio nella 3B meccanici del Plana

Primo laboratorio nella 3B meccanici del Plana
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Nell’istituto superiore G. Plana, il percorso di Biennale Democrazia prende avvio da una classe, la III° mec, che è una fedele istantanea della società complessa, dinamica, attiva e reattiva, figlia dei processi di trasformazione vigenti anche al fuori delle mura della scuola. Una classe marcatamente multietnica, ove la varietà diventa il pilastro fondante dello stare insieme. Non è facile, non è privo di confronti accesi, non è privo di scontri tra punti di vista a volte differenti: i ragazzi sono vulcanici, veraci, limpidi e svegli: una freschezza che non manca di presentare il conto di tutte le contraddizioni che campeggiano nel contesto nazionale. Una piccola introduzione che dà ragione e rilevanza all’attività svolta: importante ed assolutamente non scontato parlare di democrazia in un micro-cosmo così rappresentativo.

2011. Una rassegna dei primi pensieri connessi alla data è il cappello del laboratorio, la domanda generatrice, l’incipit con cui scegliamo di aprire le danze. L’immaginario emerso definisce la cornice entro qui spaziare, i riferimenti comuni a cui appellarci nel ragionamento. Egitto, Grecia, Portogallo, Tunisia, le crisi politiche ed economiche nei contesti internazionali e i 150 anni dell’Unità d’Italia: fin da subito emerge un quadro complesso, composto di notizie, commenti e memorie, fatti ed eventi che occupano le prime pagine di giornali e telegiornali.

In un contesto così multiforme e critico, parlare di democrazia come scelta politica voluta e ponderata è la degna conclusione di ragionamento sul percorso storico-politico che ci ha portato nel 2011 a celebrare il 150esimo dell’Unità. Appellandosi alla memoria, i ragazzi snocciolano fatti più importanti, i personaggi che ne hanno segnato la storia ne periodo tra il 1861 e il 2011, il tutto in un clima sereno, di confronto e commento libero. Cavour, Garibaldi, il 1861, i regni, inizialmente divisi, poi successivamente riuniti nel regno d’Italia sotto la regia potestà di Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia; ed ancora, i vantaggi e gli svantaggi connessi all’unione sotto un’unica bandiera, un’unica lingua; il novecento con il fascismo, il 2 giugno del 1946 e la nascita della repubblica; il 1960 gli anni delle contestazioni, il 1970, gli anni di piombo.

Gran parte dell’incontro si è poi focalizzato sulla discussione in merito alle forme di governo, alle garanzie e vantaggi forniti da una forma democratica piuttosto che una forma più accentrata, oligarchica o monarchica. Abbiamo proposto ai ragazzi di figurarsi un modello di governo dittatoriale in cui venissero garantiti alcuni bisogni primari di una società complessa: il lavoro ed una vita serena. Abbiamo chiesto loro di dirci chi acconsentiva, chi si piegava ad una forma di governo dittatoriale nell’accezione di “dittatura buona”, dittatura che consente una vita dignitosa: cosa ci muove o ci fa muovere? Cosa ci garantisce maggiormente: i diritti o una vita moderatamente agiata? A questa provocazione la classe si è spaccata. Per alcuni, un numero inizialmente nutrito, poi via via ridottosi, i bisogni materiali garantiti bastavano ad una vita serena, bastavano a togliere scrupoli e problemi; per contro altri si sentivano minacciati dalle possibili quanto inevitabili conseguenze di lungo periodo di un governo dittatoriale sul piano fondamentale dei diritti. L’impossibilità di esprimere i propri pareri, il dissenso, l’impossibilità di votare contro sono rischi troppo grandi per questa seconda metà.

Il secondo stimolo che abbiamo lanciato riguardava le garanzie di una forma democratica, parlamentare. Il voto, la rappresentanza, la sovranità popolare, quelle emerse. Una constatazione del genere viene immediatamente messa alla prova da una pungente provocazione “siamo un paese di capre, tutti seguono la massa”. Di fronte a questa palese mancanza di strumenti e giudizio critico, vi sono ancora le condizioni per parlare di garantismo, per evocare a gran voce i vantaggi di cui sopra o crolla tutto?

Un punto fondamentale su cui si è concentrato il laboratorio è il bivio rappresentato dalla scelta tra soldi e diritti: lo stabilire una priorità tra i due ha generato non pochi confronti. I soldi possono mettere a tacere ingiustizie? Le agiatezze consentono di mettere da parte lo stato di diritto, consentono di sdoganare l’individualismo, l’indifferenza ormai dilaganti o permangono ancora le briciole di quel senso di stato, forte e condiviso negli anni ’60, anni definiti dai ragazzi “altri tempi, tempi in cui ancora si credeva di poter incidere”? Uno stato di diritto che prescinde dalla visione gerarchica della società, uno stato di diritto che riscopre il principio più democratico “un uomo un voto” o uno stato assente, ove i benefici, i superenalotto, i soldi la fanno da padrone e ne stabiliscono le sorti, inevitabilmente individualistiche, degli individui?

Spunti interessanti che non possono che mettere alla prova la discussione, dimostrando ancora una volta che la freschezza sopra accennata può ancora buttare in faccia le contraddizioni del nostro tempo. Una vena di pessimismo mista a sprazzi di slancio e fiducia caratterizzano gli ultimi minuti del laboratorio in III° mec, l’interrogativo e il periodo di crisi contingente rendono difficile risposte totalmente convinte. Una buona prima ora, in questo micro-cosmo così rappresentativo!

 

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