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Terrorismo

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La democrazia sconfiggerà il terrorismo?


  1. Introduzione generale al tema

Le attività violente o di guerriglia poste in essere nell’ambito di contesti bellici, anche se poste in essere da parte di forze armate diverse da quelle istituzionali, non possono essere perseguite neppure sul piano del diritto internazionale, a meno che non venga violato il diritto internazionale umanitario. Da un tale ultimo limite può ricavarsi dunque che le attività di tipo terroristico rilevanti e dunque perseguibili sul piano del diritto internazionale siano quelle dirette a seminare terrore indiscriminato verso la popolazione civile in nome di un credo ideologico e/o religioso, ponendosi dunque come delitti contro l’umanità.”

Diritto internazionale pubblico – Progetto di Convenzione globale ONU sul terrorismo,
Nozione di terrorismo in diritto internazionale. Delitti contro l’umanità
270 bis c.p. Atti di guerriglia. Natura del gruppo Asmar Al Islam

Il sostantivo Terrorismo trae origine dal vocabolo madre Terrore, dal latino terrorem e, originariamente, dalla radice indoeuropea ter (tremare). Il termine ha acquisito una indicativa valenza durante la Rivoluzione francese.
Il termine terrorismo compare per la prima volta nel 1794 in un supplemento del dizionario dell’Académie Français, come neologismo per indicare un fenomeno e un periodo storico preciso, ossia quello della Terreur instaurato in Francia a partire dalla fine del 1793.
Già quasi tre secoli prima Macchiavelli, nei Discorsi sulla prima deca di Tito Livio, ricordava che per «ripigliare lo Stato» [ossia per conservare il potere] fosse necessario periodicamente «mettere quel terrore e quella paura negli uomini che vi avevano messo nel pigliarlo».
Nel corso della Rivoluzione francese, fra il 5 settembre 1793 e il 27 luglio 1794, l’ala più radicale del partito giacobino guidata da Maximiliene Robespierre, decise di instaurare un “Regime del Terrore” contro gli oppositori politici. Robespierre sosteneva che il principio fondamentale del governo popolare era la “virtù”. Questa, tuttavia, nella fase rivoluzionaria, doveva inevitabilmente accompagnarsi al “terrore”. Per Robespierre la virtù senza il terrore diveniva impotente. E il terrore, a sua volta, senza la virtù era funesto. In un discorso alla Convenzione Nazionale, nel 1794, Robespierre dichiarò chiaramente: «il terrore non è altro che la giustizia severa e inflessibile. Essa è dunque un’emanazione della virtù».
Il 5 settembre 1793 la Convenzione, per scoraggiare reazioni controrivoluzionarie e per combattere le rivolte già in atto (nella Vandea), decise, su richiesta della Comune di Parigi, di adottare il regime del terrore. Un gran numero di “traditori” fu condotto alla ghigliottina. I giustiziati furono 42.000 (testa più testa meno): 17.000 dopo un regolare processo ma altri 25.000 senza.
I termini terreur, terrorism, terrorist entrano quindi a far parte del linguaggio politico a partire da questo periodo. Detto questo, emerge subito una caratteristica interessante: contrariamente al significato in cui il termine terrorismo ricorre nel nostro tempo, alla sua nascita esso si manifesta come espressione dello Stato e non dell’antiStato. Il terrorismo nasce in definitiva come un’estrema degenerazione dell’idea stessa di rivoluzione, volto all’eliminazione fisica d’ogni fattore d’opposizione, reale o presunta, e all’instaurazione di un nuovo ordine politico e sociale. Gli stessi giacobini avevano usato il termine terrorismo in senso positivo, riferendolo a se stessi. Più tardi la definizione terrorista divenne termine disonorante, con l’approssimato significato di “criminale”. Ovviamente nessun “terrorista” si ritiene tale, ma rivendica a se il titolo di “combattente” per la libertà, per il popolo o la fede.

La classificazione del terrorismo.

Si potrebbe suddividere il terrorismo, inteso come regime basato sul terrore, in diverse tipologie, secondo chi è ad utilizzarlo e dove è utilizzato.
Si parla di Terrorismo di Stato quando un’autorità costituita utilizza il terrore contro i propri sudditi o cittadini, al fine di mantenere e perpetuare il proprio potere su di essi (ad esempio la Spagna con l’Inquisizione, la Francia con i giacobini, la Germania nazista con la Gestapo, la Russia attraverso le “purghe staliniane”).
Il Terrorismo dal basso si ha invece, quando una parte dei cittadini utilizza il terrore per combattere una potenza che ha occupato il loro territorio (ad esempio i vari gruppi di liberazione nazionale).
Il Terrorismo della guerra civile è quello praticato da gruppi che vivono nella stessa comunità territoriale, divisi simbolicamente da divergenze religiose, sociali o politiche (è il caso della recente guerra civile tra serbi, croati e kossovari nell’ex Jugoslavia).
Il Terrorismo sovversivo si manifesta, invece, contro un sistema politico vigente per indebolirlo o rovesciarlo attraverso la rivoluzione armata (ad esempio i vari gruppi rivoluzionari armati interni, anarchici, di sinistra o di destra, come le Brigate Rosse o Avanguardia Nazionale in Italia). Scriveva Trotzkij: «La rivoluzione esige che la classe rivoluzionaria metta in opera tutti i mezzi per raggiungere i suoi fini, attraverso l’insurrezione armata, se occorre; attraverso il terrore se necessario».
Il Terrorismo internazionale, il più attuale, si ha quando il terrore si globalizza e porta le sue azioni al di là dei confini nazionali, colpendo chiunque e ovunque.
Se il terrorismo come termine nasce all’indomani della Rivoluzione francese, ben più antico è il concetto dell’azione in sé, che affonda le sue radici nell’antichità.


  1. Alcune questioni per favorire e attualizzare la discussione
  • Il terrorismo è una componente implicita della storia umana? O torna soltanto in alcuni momenti?
  • Cosa distingue il fenomeno del terrorismo in Italia dagli altri Paesi?
  • Oggi in Italia esistono nuove forme di terrorismo? Sono comparabili con il passato?
  • Come si può combattere il terrorismo oggi? È giusto avvalersi di leggi speciali, che magari limitano la libertà del cittadino e aumentano i poteri di polizia e investigatori?
  • Il terrorismo oggi è davvero un sinonimo di pericolo reale? Ti senti insicuro nel tuo Paese o all’estero? E nel prendere un aereo o viaggiare in certe zone del mondo?
  • È realistico immaginare di sconfiggere il terrorismo con la guerra in Afghanistan o la repressione militare?


  1. Alcuni brani e testi di riferimento

Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là, Mondadori, 2007

“(…) All’asilo mi tenevo a distanza dalla vasca della sabbia, la guardavo da lontano, non volevo avvicinarmi, era troppo ‘pericolosa’: un posto di giochi spensierati dove il dolore e l’umiliazione mi avevano aggredito a sorpresa. Uno dei primi giorni c’ero entrato anch’io. Scavavamo con le palette, eravamo in cerchio, ognuno raccontava qualcosa. Poi gli altri bambini cominciarono a fare a gara a spiegare cosa facevano fare loro i papà sulla spiaggia. A un certo punto mi guardarono e io, dopo un momento di esitazione, dissi: ‘il mio mi fa fare i castelli’. Un bambino più grande mi interruppe: ‘Non è vero, tu il papà non ce l’hai’. Io cominciai ad arrossire, a difendermi, a spiegare che certo , un padre l’avevo, ma fu tutto inutile: ‘Me lo ha detto mia madre, a tuo padre hanno sparato ed è morto’. Uscii in silenzio dalla vasca e non ci sono più entrato. E quando i miei fratelli ci andavano, nonostante io cercassi di evitarlo inventandomi che la sabbia era schifosa e piena di vermi, restavo vicino al bordo, appoggiato al muro per controllare che il dolore, improvviso e travestito da bambino, non aggredisse anche loro.”

Giovanni De Sio Cesari, Al Qaeda

Al Qaeda più che un effettiva organizzazione è divenuta in questi ultimi tempi come una specie di categoria mentale. Certamente Bin Laden negli anni scorsi è riuscito in Afganistan a organizzare una ampia serie di campi di addestramento militare, ha contribuito finanziariamente a tante organizzazione, ha tessuto una rete di contatti. Ha insomma fatto da cemento a una serie infinita di estremismi islamici nati autonomamente e dalle mille sfaccettature. Al Qaeda ha approvato l’attacco dell’ 11 settembre, probabilmente ne aveva notizie ma difficilmente può essere stata l’effettiva organizzatrice. Dopo l’intervento in Afganistan e la caduta del regime dei Talebani, Bin Laden è ormai un fuggitivo contro il quale si è scatenato la più gigantesca caccia all’uomo che la storia ricordi: se fino ad ora è riuscito a sfuggire ciò dipende presumibilmente dal fatto che egli se ne sta nascosto da qualche parte senza fare nulla: se effettivamente dirigesse ancora una organizzazione si dovrebbe esporre e sarebbe facilmente individuato. Tuttavia al Qaeda, nel bene e nel male rappresenta, quello che in questa sede noi identifichiamo e denominiamo propriamente come terrorismo del fondamentalismo islamico e che dagli occidentali viene percepito come minaccia globale, come pericolo incombente dal quale difendersi. Il terrorismo islamico non è un qualcosa di organico, non esiste un grande vecchio, una “spectre” come nei film di James Bond che ogni cosa dirige : esiste invece una costellazione di organizzazioni che possono essere anche piccolissime e che agiscono in modo del tutto incontrollato. Si pensi al caso limite di Agrigento: un italiano convertito all’Islam da solo cercava di preparare attentati per crearsi un ruolo un prestigio personale.

Riccardo Alcaro, Istituto Affari Internazionali

Il diritto internazionale non fornisce una definizione univoca ed universalmente accettata di terrorismo. Ciò non deve stupire, perché la fluidità costituisce uno degli elementi di forza del fenomeno terroristico internazionale. Naturalmente alcuni Stati hanno formulato una loro definizione. Gli Stati Uniti definiscono “terrorismo” ogni violenza motivata politicamente e praticata contro bersagli non combattenti da parte di gruppi sub-nazionali o agenti clandestini. Un “gruppo terroristico” è un gruppo che pratica attività terroristiche o che contiene sottogruppi che le praticano. Se l’azione violenta coinvolge i cittadini o la proprietà di più di un paese, allora si tratta di “terrorismo internazionale”. Questa definizione non contempla la possibilità di azioni terroristiche compiute da un singolo uomo (il c.d. “lupo solitario”) ed è pertanto insufficiente. Inoltre non è sempre convergente con le opinioni prevalenti in altri paesi. L’alternativa dell’Ue è contenuta in una Decisione quadro del Consiglio del giugno 2002. Essa contiene una lista di atti che possono essere considerati terroristici; chiama “gruppo terroristico” un’organizzazione di più di due persone che agisce di concerto per un dato lasso di tempo per realizzare tali atti; infine dichiara punibili come reati terroristici l’istigazione o l’aiuto a, nonché il tentativo fallito di, commettere atti del genere.1 Tuttavia, alcuni Stati membri hanno accumulato un notevole ritardo nell’adeguare la propria legislazione alla Decisione quadro.

L’emersione del terrorismo internazionale, quindi, ha reso più urgente trovare una formulazione comune per definirlo e nello stesso tempo, data la sua natura, ha

complicato questo compito. Secondo gli analisti del Congressional Research Service, il centro di studi strategici del Congresso americano, esistono però degli elementi, o delle tendenze, che contraddistinguono la tipologia del terrorismo internazionale rispetto a precedenti forme del fenomeno. In primo luogo, il terrorismo internazionale non ha una struttura operativa unica, né conseguentemente una gerarchia definita. Al contrario, si tratta di una rete di cellule. Naturalmente ciò non toglie che i diversi gruppi possono entrare in contatto gli uni con gli altri, collaborare in diverse forme (dallo scambio di informazioni al supporto logistico alle azioni congiunte) e anche organizzarsi. Anche quest’ultimo caso, però, non muta la natura di un fenomeno diffuso su scala mondiale, che rimane pertanto strutturalmente complesso. Quanto al primato di alcuni gruppi, esso discende in massima parte dal prestigio che riescono a conseguire con la propaganda e la lotta armata.

In secondo luogo, le nuove forme di terrorismo usufruiscono di molteplici canali di finanziamento. È possibile che alcuni Stati ne ‘sponsorizzino’ le attività, ma il finanziamento privato, soprattutto attraverso una fitta rete di fondazioni caritatevoli, resta una sua nota distintiva. Questo rende molto più difficile individuare le fonti ed estinguerle. In terzo luogo, si tratta di un fenomeno chiaramente transnazionale, sia per quanto riguarda lo spazio d’azione che per l’origine dei suoi agenti. Questo non vuol dire però che non possa legarsi a rivendicazioni di carattere nazionale o regionale o ricorrervi per motivi d’opportunismo.

In quarto luogo, è fortemente caratterizzato dal punto di vista ideologico, sebbene le finalità politiche siano piuttosto vaghe e mutevoli. L’ideologia del terrorismo internazionale ha preso la veste del radicalismo religioso ed in particolare del radicalismo islamico.

Un quinto elemento che lo caratterizza è la tendenza a sovrapporsi ad altri tipi di minacce globali. In particolare, esso acuisce la sua pericolosità quando può operare in uno spazio privo di controllo statale. Tende per questo ad aumentare le sue capacità operative quando agisce nei c.d. failed States (“Stati falliti”), cioè gli Stati incapaci di controllare il proprio territorio, o nei rogue States (“Stati canaglia”), cioè governati da regimi che ne tollerano, proteggono o favoriscono la presenza. Uno scenario particolarmente inquietante è l’eventualità che uno Stato possa vendere o in altro modo fornire a un gruppo di terroristi armi di distruzione di massa (Adm) o relativi materiali. La combinazione di questi elementi – Stati inaffidabili dal punto di vista della sicurezza, cellule terroristiche organizzate e dotate di risorse finanziarie, disponibilità di Adm o relativi materiali – rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza globale. Con l’espressione “terrorismo internazionale”, quindi, non si indica tanto un soggetto concreto quanto un tipo di minaccia con caratteristiche particolari. Questo vuol dire che l’eliminazione degli agenti del “terrore” non coincide necessariamente con l’eliminazione della minaccia.

La lotta al terrorismo dopo l’11 settembre: principali iniziative degli Usa e dell’Ue e prospettive per la cooperazione transatlantica.

COMUNICATO NUMERO 9 del Sequestro di Aldo Moro
Il comunicato numero nove delle Br è trovato il 5 maggio 1978.

ALLE ORGANIZZAZIONI COMUNISTE COMBATTENTI, AL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, A TUTTI I PROLETARI.
Compagni, la battaglia iniziata il 16 marzo con la cattura di Aldo Moro e’ arrivata alla sua conclusione.
Dopo l’interrogatorio ed il Processo Popolare al quale e’ stato sottoposto, il Presidente della Democrazia Cristiana e’ stato condannato a morte. A quanti tra i suoi compari della DC, del governo e dei complici che lo sostengono, chiedevano il rilascio, abbiamo fornito una possibilita’, l’unica praticabile, ma nello stesso tempo concreta e reale: per la liberta’ di Aldo Moro, uno dei massimi responsabili di questi trent’anni di lurido regime democristiano la liberta’ per tredici Combattenti Comunisti imprigionati nei iager dello Stato imperialista. LA LIBERTA QUINDI IN CAMBIO DELLA LIBERTA. In questi 51 giorni la risposta della DC, del suo governo e dei complici che lo sostengono, e’ arrivata con tutta chiarezza, e piu’ che con le parole e con le dichiarazioni ufficiali, l’ hanno data con i fatti, con la violenza controrivoluzionaria che la cricca al servizio dell’imperialismo ha scagliato contro il movimento proletario.
La risposta della DC, del suo governo e dei complici che lo sostengono, sta nei rastrellamenti operati nei quartieri proletari ricalcando senza troppa fantasia lo stile delle non ancora dimenticate SS naziste nelle leggi speciali che rendono istituzionale e “legale” la tortura e gli assassinii dei sicari del regime negli arresti di centinaia di militanti comunisti (con la lurida collaborazione dei berlingueriani) con i quali si vorrebbe annientare la resistenza proletaria.
Lo Stato delle multinazionali ha rivelato il suo vero volto, senza la maschera grottesca della democrazia formale, e’ quello della controrivoluzione imperialista armata, del terrorismo dei mercenari in divisa, del genocidio politico delle forze comuniste.
Ma tutto questo non ci inganna. La ferocia, la violenza sanguinaria che il regime scaglia contro il proletariato e le sue avanguardie, sono soltanto le convulsioni di una belva ferita a morte e quello che sembra la sua forza dimostra invece la sua sostanziale debolezza. In questi 51 giorni la DC e il suo governo non sono riusciti a mascherare, neppure con tutto l’armamentario della controguerriglia psicologica, quello che la cattura, il processo e la condanna del Presidente della DC Aldo Moro, e’ stato nella realta’: una vittoria del Movimento Rivoluzionario, ed una cocente sconfitta delle forze imperialiste.
Ma abbiamo detto che questa e’ stata solo una battaglia, una fra le tante che il Movimento Proletario di Resistenza Offensivo sta combattendo in tutto il paese, una fra le centinaia di azioni di combattimento che le avanguardie comuniste stanno conducendo contro i centri e gli uomini della controrivoluzione imperialista, imprimendo allo sviluppo della Guerra di Classe per il Comunismo un formidabile impulso. Nessun battaglione di “teste di cuoio”, nessun super-specialista tedesco, inglese o americano, nessuna spia o delatore dell’apparato di Lama e Berlinguer, sono riusciti minimamente ad arrestare la crescente offensiva delle forze Comuniste Combattenti. A questa realta’ la maggiore sconfitta delle forze imperialiste. Estendere l’attivita’ di combattimento, concentrare l’attacco armato contro i centri vitali dello Stato imperialista, organizzare nel proletariato il Partito Comunista Combattente e’ la strada giusta per preparare la vittoria finale del proletariato, per annientare definitivamente il mostro imperialista e costruire una societa’ comunista. Questo oggi bisogna fare per inceppare e vanificare i piani delle multinazionali imperialiste, questo bisogna fare per non permettere la sconfitta del Movimento Proletario e per fermare gli assassini capeggiati da Andreotti.
Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perche’ venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della DC, del governo e dei complici che lo sostengono e la loro dichiarata indisponibilita’ ad essere in questa vicenda qualche cosa di diverso da quello che fino ad ora hanno dimostrato di essere: degli ottusi, feroci assassini al servizio della borghesia imperialista.
Dobbiamo soltanto aggiungere una risposta alla “apparente” disponibilita’ del PSI. Va detto chiaro che il gran parlare del suo segretario Craxi e’ solo apparenza perche’ non affronta il problema reale: lo scambio dei prigionieri. I suoi fumosi riferimenti alle carceri speciali, alle condizioni disumane dei prigionieri politici sequestrati nei campi di concentramento, denunciano cio’ che prima ha sempre spudoratamente negato; e cioe’ che questi infami luoghi di annientamento esistono, e che sono stati istituiti anche con il contributo e la collaborazione del suo partito. Anzi i “miglioramenti” che il segretario del PSI come un illusionista cerca di far intravvedere, provengono dal cappello di quel manipolo di squallidi “esperti” che ha riunito intorno a se’, e che sono (e la cosa se per i proletari detenuti non fosse tragica sarebbe a dir poco ridicola) gli stessi che i carceri speciali li hanno pensati, progettati e realizzati. Combattere per la distruzione delle carceri e per la liberazione dei prigionieri comunisti, e’ la nostra parola d’ordine e ci affianchiamo alla lotta che i compagni e il proletariato detenuto sta conducendo all’interno dei lager dove sono sequestrati e lo faremo non solo idealmente ma con tutta la nostra volonta’ militante e la nostra capacita’ combattente. Le cosiddette “proposte umanitarie” di Craxi; qualunque esse siano, dal momento che escludono la liberazione dei tredici compagni sequestrati, si qualificano come manovre per gettare fumo negli occhi, e che rientrano nei giochi di potere, negli interessi di partito od elettorali che non ci riguardano. L’unica cosa chiara e che sullo scambio dei prigionieri la posizione del PSI e’ la stessa, di ottuso rifiuto, della DC e del suo governo, e questo ci basta.
A parole non abbiamo piu’ niente da dire alla DC, al suo governo e ai complici che lo sostengono. L’unico linguaggio che i servi dell’imperialismo hanno dimostrato di saper intendere e’ quello delle armi, ed e’ con questo che il proletariato sta imparando a parlare. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro e’ stato condannato.
PORTARE L’ATTACCO ALLO STATO IMPERIALISTA DELLE MULTINAZIONALI!
ATTACCARE LIQUIDARE DISPERDERE LA DC ASSE PORTANTE DELLA CONTRORIVOLUZIONE IMPERIALISTA !
RIUNIFICARE IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO COSTRUENDO IL PARTITO COMUNISTA COMBATTENTE!
Per il Comunismo
Brigate Rosse
“P.S. – Le risultanze dell’interrogatorio ad Aldo Moro e le informazioni in nostro possesso, ed un bilancio complessivo politico-militare della battaglia che qui si conclude, verra’ fornito al Movimento Rivoluzionario e alle O.C.C. attraverso gli strumenti di propaganda clandestini”.

Gian Carlo Caselli, Le due guerre, Melampo

Agli uomini delle scorte devo la vita. Almeno due volte l’ho potuto toccare con mano, constatandolo con certezza assoluta (e con qualche brivido retrospettivo). Le Brigate rosse volevano assassinarmi. Nome in codice dell’operazione “Casella postale”.

Così era intitolato un dossier sequestrato in un covo di Torino, ricco di minuziose annotazioni (in brigatese “inchiesta”) su orari, spostamenti e abitudini della mia giornata. Parlandone con Patrizio Peci, il primo grande pentito della storia del terrorismo, saprò che il progetto di attentato era ormai arrivato alla fase esecutiva.
[…] Anche Prima linea voleva eliminarmi e anche quel progetto era arrivato alla vigilia dell’esecuzione. Lo avevano chiamato “Operazione autostrada” (autostrada, Caselli: quanto a fantasia, i terroristi non erano dei maghi). I pentiti di Pl − a partire da Roberto Sandalo − mi riveleranno che l’azione era in programma per il marzo del 1979, più o meno nello stesso punto individuato dalle Brigate rosse..

Giovanni Bianconi, Corriere della Sera, 19 giugno 2009

ROMA – L’ elemento più importante è nell’ ultima riga, lo spazio riservato alla firma: «per il comunismo, Brigate rosse», secondo la più ortodossa tradizione. Per gli investigatori è la prova definitiva che qualcuno, nell’ anno 2009, stava tentando di riportare sulla scena la banda armata più longeva d’ Italia con un’ azione eclatante, come dettano le regole dell’ organizzazione. Di ieri e di oggi. Il volantino di rivendicazione era quasi pronto, e gli slogan finali sono utili per immaginare il tipo di obiettivo che sarebbe stato prescelto: «Individuare e colpire il personale politico economico e militare dell’ imperialismo e le sue strutture». Ancora: «Individuare e colpire il personale politico economico e militare del progetto di ristrutturazione dello Stato e le sue articolazioni», e «Guerra alla guerra imperialista». Si può intuire che il raggio d’ azione delle Br future si sarebbe spostato dal mondo del lavoro – sul quale s’ erano concentrati Nadia Lioce e gli altri arrestati nel 2003, con gli omicidi di Massimo D’ Antona e Marco Biagi – al contesto internazionale e alle nuove alleanze economico-militari tra i diversi Paesi. Ma resta saldo il legame con la «prima posizione» delle Brigate rosse, quella che portò alla scelta «strategica» della lotta armata. Lo si capisce da diversi brani dei documenti trovati dopo gli arresti della settimana scorsa di cinque presunti neo-brigatisti. Fogli di carta che rappresentano il «bottino ideologico» dell’ operazione condotta dalla Digos di Roma, guidata da Lamberto Giannini e Laura Tintisona, e dai pubblici ministeri Erminio Amelio e Pietro Saviotti; il più importante per chi ha il compito di prevenire nuove azioni terroristiche e individuare i possibili obiettivi. La bozza del documento firmato Br era in una borsa saltata fuori a casa del trentanovenne genovese Renato Porcile, che conteneva anche una pistola. Prima degli slogan finali c’ è l’ analisi della situazione mondiale dopo la fine dell’ Unione sovietica, per concludere che «l’ esistenza attuale di un ampio campo antimperialista, ancorché reazionario in alcune sue componenti, può creare spazio di manovra per i rivoluzionari internazionalisti». Quanto ai «modelli organizzativi» delle Br in costruzione, il documento precisa che devono essere «completamente differenti» rispetto al passato: «I militanti saranno, in questa fase, necessariamente in numero ristretto, perché prodotto di lunga selezione; nel contempo si richiedono alti livelli di coscienza e di capacità operative. Tuttavia questi quadri devono essere potenzialmente interscambiabili e sostituibili». Dalla perquisizione a Luigi Fallico, il corniciaio romano di 57 anni accusato di aver fatto parte anche delle Br di Lioce e Galesi, è saltato fuori un altro documento, forse ancor più significativo perché sembra la «scaletta» (così in effetti s’ intitola) di una vera e propria risoluzione strategica. «Non si tratterà in questa fase – c’ è scritto – di organizzare le masse sul terreno della prima (riferimento alla «prima posizione» nel dibattito interno alle Br degli anni Ottanta, ndr) ma di dare indicazione strategica». Questo il «ruolo di fase a breve termine» di «un collettivo combattente necessariamente specializzato e ristretto, che si propone però fin da subito l’ obiettivo della costruzione del partito comunista combattente rivolgendosi alle punte più avanzate della classe». Seguono riferimenti ad altri documenti evidentemente corposi, sintomo di una produzione ideologica mai interrotta, tipo «appunti per una discussione, cartella 27», o «terzo contributo al dibattito interno, punto 4 cartella 12».

Guglielmo “Billi” Bilancioni

“Un carabiniere mi disse: lottate lottate, che poi se vincete, a noi ci mettono una stella rossa sopra il cappello e vi picchiamo lo stesso”.


4. Alcuni film legati alla tematica

11 settembre 2001 di Youssef Chahine, Amos Gitai, Samira Makhmalbaf, Mira Nair, Idrissa Ouedraogo, Shohei Imamura, Sean Penn, Ken Loach, Danis Tanovic, Alejandro Gonzalez Inarritu, Claude Lelouch.

Se si toglie la committenza francese e l’identica durata (11´, 9´´ e 1 fotogramma), nulla in apparenza lega gli 11 registi di nazionalità, culture, religioni diverse che hanno lavorato in modo autonomo, ignorando che cosa stessero facendo gli altri. Il risultato è quello di undici sguardi che destrutturano in modi radicalmente diversi l’attacco al World Trade Center, l’evento più documentato della storia mondiale. Soltanto 3 registi ricorrono alle immagini televisive: C. Lelouch, S. Penn e M. Nair; i primi due mettendole fuori campo, la terza in modo più convenzionale. In 4 episodi (D. Tanovic, I. Ouedraogo, S. Makhmalbaf, A. Gitai) la notizia arriva per radio. In altri 3 episodi l’attentato è tutto fuori campo, estendendo la riflessione dello spettatore al passato: K. Loach lo collega all’11-9-1973, al colpo di Stato cileno, appoggiato da Washington.

Colpire al cuore di Gianni Amelio. Italia, 1982.

Figlio di un docente universitario, intellettuale laico di sinistra, il quindicenne Emilio scopre che un giovane terrorista, ucciso in uno scontro a fuoco, è l’allievo prediletto del padre, e va dirlo ai carabinieri. Più tardi, ancora su denuncia del figlio, il docente sarà arrestato per favoreggiamento: aveva continuato a frequentare la compagna del terrorista, ricercata dalla polizia.

Nel nome del padre di Jim Sheridan. Drammatico, durata 133 min. – Irlanda 1993.

Ispirato a una storia vera e tratto dal libro autobiografico Proved Innocence (Il prezzo dell’innocenza) di Gerry Conlon. Processati come terroristi dell’IRA e autori di una strage in un pub di Guildford il 5-10-1974, quattro proletari irlandesi patiscono 15 anni di carcere prima che sia scoperta la loro innocenza. Con loro furono condannati a pene minori parenti e amici. Giuseppe (sic) Conlon, padre di uno dei quattro, morì in carcere nel 1980.

  1. La prima linea di Renato De Maria. Azione, durata 96 min. – Italia 2009

Rovigo, 3 gennaio 1982. Sergio è il giovane fondatore dell’organizzazione armata di sinistra Prima Linea, attiva negli anni Settanta e dispersa negli Ottanta. Deciso ad assaltare il carcere in cui è detenuta da alcuni anni Susanna, compagna d’armi e d’amore, Sergio arruola un gruppo di ex “combattenti” per abbattere il muro di cinta della prigione e coprire l’evasione. Nel suo viaggio lungo il Polesine ripercorrerà la sua vita, dalla militanza alla lotta armata, fino alla clandestinità, ripassando nella testa i volti e gli (ultimi) sguardi di chi ha assassinato nel nome di uno slancio ribelle e utopico. Incarcerato ed esiliato nella sua individualità, Sergio “depone” le armi e dichiara le colpe che gli appartengono.

Buongiorno, Notte di Marco Bellocchio. Storico, durata 105 min. – Italia 2003.

Liberamente tratto dalla biografia romanzata Il prigioniero (2003) dell’ex brigatista Anna Laura Braghetti e della giornalista Paola Tavella. Presidente della DC dal 1976, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse il 16-3-1978. Il suo cadavere fu fatto trovare il 9-5 nel bagagliaio di un’auto in una via di Roma equidistante dalle sedi della DC e del PCI. Alla fine del film il padre del compromesso storico esce per strada come se non fosse stato assassinato. E cammina.

Green Zone di Paul Greengrass. Drammatico, durata 115 min. – Gran Bretagna, USA, Francia, Spagna 2010.

Conquistata Bagdad è ora il momento di trovare quelle armi di distruzione di massa che hanno scatenato il conflitto. L’ufficiale Roy Miller è a capo di una delle molte squadre che ogni giorno si recano nei siti indicati dalla CIA come probabile nascondiglio delle famigerate armi senza trovare nulla, ma diversamente da altri desidera saperne di più. Entrato in possesso grazie alla soffiata di un contatto locale di un libretto che indicherebbe i luoghi dove si nasconde il Generale Al Rawi (il Jack di Fiori secondo il mazzo di carte fornito dal governo e probabilmente l’unico uomo a conoscere la verità sulle armi di distruzione di massa) ma obbligato a non procedere dai suoi superiori, decide di trovarlo da solo e salvarlo dai suoi colleghi che, invece che interrogarlo, vogliono ucciderlo.

  1. Michael Collins di Neil Jordan. Biografico, durata 132 min. – Gran Bretagna 1996.

Sette anni della breve e ardente vita di Michael Collins (1891-1922), discusso eroe dell’indipendenza irlandese, ucciso in un’imboscata da altri irlandesi, bizzarro incrocio tra Primula Rossa e Peter Pan. Dall’inizio alla fine (dove Jordan cede alle pastoie del genere biografico e alle esigenze dell’alto costo), è un film di guerra, guerriglia, guerra civile, la più disperata e feroce delle guerre.


  1. Un’esperienza concreta da proporre alla classe

Visita per i luoghi del Terrorismo a Torino.

La visita avviene in 2 ore circa ed esplora i seguenti luoghi della Torino del terrorismo, in particolare luoghi di omicidi:

  • Omicidio Fulvio Croce, via Perrone.
  • Corte d’appello di Torino, processo alle Br.
  • Omicidio Roberto Crescenzio, Angelo Azzurro via Po.
  • Omicidio Lanza e Porceddu, carcere Le Nuove.
  • Omicidio Berardi, largo Berardi.

Insieme a ciò, si propone la visione del documentario “Anni spietati” sul terrorismo a Torino, negli anni ’70.

Galleria Fotografica
  • 04112010412
  • Le vele del Carmillo attirano l’attenzione dei ragazzi del Peano
  • Primo incontro nella 4Bod del Plana
  • Pino Masciari incontra gli studenti di Gozzano
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